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Report CREA: Italia, mancano da 230 a 350mila infermieri

di Redazione Roma

Presentata l’annuale relazione del Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità. Rispetto alla media dei Paesi europei, e riferendoci alla popolazione nel suo complesso, l’Italia presenta un potenziale gap di -3,93 infermieri ogni 1.000 abitanti, si legge nel rapporto. La vera questione da affrontare, pertanto, resta quella dell’adeguatezza degli organici. Il commento della Fnopi al report.

Italia: tasso infermieri molto inferiore alla media europea

Secondo il report CREA, in Italia si registra un tasso di infermieri molto inferiore alla media europea

Quarantotto ore fa la lettera aperta della Fnopi al Governo, al Parlamento e alle Regioni per chiedere conto, da parte degli oltre 450mila infermieri, di tutto ciò che non è stato fatto. Non ultima (tutt’altro) l’integrazione del numero degli operatori del comparto, che nel nostro paese è assai carente. A fotografare con ulteriore chiarezza il fenomeno è il risultato del 17esimo Rapporto Sanità del CREA – titolo: Il futuro del Ssn: visioni tecnocratiche e aspettative della popolazione – all’interno del capitolo dedicato al personale – 3b (Il personale del Servizio sanitario nazionale italiano) – che tratteggia il fenomeno della carenza infermieristica e, in rimando alle medie europee, alza ulteriormente il tiro su quante unità mancano in Italia per allinearsi ai maggiori partner Ue (o quantomeno alla media dell’Unione).

Sintetizzando, si legge che rispetto alla media dei paesi europei, e riferendoci alla popolazione nel suo complesso, l’Italia presenta un potenziale surplus di 0,48 medici e un gap di -3,93 infermieri ogni 1.000 abitanti, in particolar modo rispetto al fabbisogno per le fasce più anziane (e in aumento) della popolazione. Ma, a più ampio raggio, cosa è emerso dal Rapporto elaborato dal Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità? Prima di tutto che la vera questione rimane quella dell’adeguatezza degli organici per scongiurare il collasso dell’intero sistema. In merito al personale infermieristico attivo, infatti, nel nostro paese si registra un tasso molto inferiore alla media europea. Nel 2018 in Italia operano 5,5 infermieri per 1.000 abitanti contro i 7,8 del Regno Unito, i 10,8 della Francia ed i 13,2 della Germania. Solamente la Spagna si attesta a un tasso simile al nostro, pari a 5,8 ogni 1.000 abitanti. Quindi il Rapporto sottolinea che, in assoluto, paragonando la situazione italiana alle medie europee il gap degli infermieri si traduce in una carenza di oltre 237.000 unità di personale. Altrimenti secondo i calcoli sulle strutture nazionali la carenza rimane comunque tra i 60 e i 100mila professionisti.

Ripetendo le analisi con rimando alla sola fascia over 75, in costante aumento per effetto della scarsa natalità e l’allungamento dell’aspettativa di vita, il numero degli infermieri ogni 1.000 abitanti over 75 risulta essere inferiore rispetto a quello della media dei Paesi europei: allo stato attuale, infatti, ne mancherebbero all’appello oltre 350.000. In sostanza, secondo il Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità – altresì sicuro che senza una soluzione alla carenza di organico, sia l’assistenza sia l’applicazione del Pnrr (che colloca l’assistenza territoriale al centro del sistema sanitario di domani) saranno fortemente penalizzate – in entrambe le simulazioni si riscontra un deficit di infermieri che va da un minimo di 237.282 unità a un massimo di 350.074, a seconda delle fasce di popolazione in esame.

Ne consegue che sembra prioritaria l’esigenza di intervenire in modo deciso sugli ingressi del personale infermieristico, di gran lunga sottodimensionato e che volendo provare a colmare il gap, lo Stato non solo dovrà preventivare una maggiore spesa sul costo del personale ma dovrà anche sincerarsi che la capacità produttiva degli atenei sia in linea con tale obiettivo.

Proprio sul tema della formazione infermieristica è intervenuto, nelle ultime ore, il presidente di Opi Genova, Carmelo Gagliano, che ha lanciato un appello: Ci sono 350 milioni di euro che sono stati promessi al personale infermieristico e non si rendono più disponibili. Ci avevano assicurato l’aumento dei posti all’università per il corso di laurea in infermieristica e non ce li assicurano. Di questo passo tra due o tre anni non avremo neppure il numero minimo di infermieri per tenere aperto il servizio. Lo stesso CREA – secondo cui il numero di risorse di personale, soprattutto per quanto attiene gli infermieri, è insufficiente a garantire un’assistenza sanitaria al livello di quella garantita dalle nazioni europee prese come riferimento, confermando dunque l’urgenza di un’attenta pianificazione del sistema dal punto di vista degli ingressi di personale, alla luce delle previsioni sulle uscite future e sul ruolo che la tecnologia potrà giocare nell’imminente futurosi esprime sulla figura dei professionisti sanitari. Gli infermieri svolgono un ruolo critico nel fornire assistenza negli ospedali e negli istituti di assistenza a lungo termine in circostanze normali; il loro compito è stato ancora più critico durante la pandemia di Covid. Si prevede che la domanda di infermieri continuerà ad aumentare negli anni a causa dell’invecchiamento della popolazione, mentre molti infermieri si avvicinano all’età della pensione.

Uno scenario complesso, dunque, commentato dalla Fnopi che da anni denuncia la criticità della mancanza di operatori. Le nostre stime parlano di almeno 63mila unità di personale che mancano, spiega la presidente, Barbara Mangiacavalli. Illustrando ancora: Abbiamo alcune soluzioni valide e siamo a disposizione per un reale confronto con le istituzioni.

Giornalista
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