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Operatore Socio Sanitario

Carla, Oss: Elga con il Parkinson non è più la stessa

di Paola Botte

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Assistere una paziente con Parkinson e notare ogni segno del deterioramento che questa subdola patologia lascia in lui. Succede a Carla, Operatrice socio sanitaria, che da poco più di un mese assiste Elga e aspetta, con timore, il giorno in cui lei, malata di Parkinson, non la riconoscerà più.

Carla, Oss: Il Parkinson ha cambiato Elga, vorrei poter fare di più per lei

Carla, Oss, è molto legata ad Elga, che per via del Parkinson sta perdendo molta della sua lucidità

Da qualche giorno Elga non è più la stessa. La donna che ho conosciuto circa un mese fa è già cambiata. Sapevo che il Parkinson fosse una malattia neurodegenerativa, ma non pensavo che potesse arrecare dei danni così repentini.

Io sono soltanto una Oss, ma ormai mi sento legata a quest'anziana donna come se fosse un famigliare. Non importa se ci conosciamo soltanto da quattro settimane, perché quello che ci siamo confessate tra una colazione e un'igiene, è bastato a farci affezionare l'una all'altra.

A distanza di poco tempo ho visto cambiare il suo atteggiamento, purtroppo anche nei miei confronti. Prima, quando entravo in casa e mi avvicinavo a lei per salutarla mi riconosceva subito e diceva: Eccola, la mia Carla.

Adesso, a volte mi scambia per sua figlia, poi per la vicina di casa, altre volte per sua sorella, oppure per una ragazza che aveva conosciuto in gioventù, Renata. Questi momenti durano anche diversi minuti, finché poi si rende conto che sono io e allora mi fa un sorriso porgendomi la mano.

Aspetto con timore, in silenzio, il giorno in cui non mi riconoscerà più e io non saprò cosa fare. D'altra parte, ho un'esperienza di qualche anno come Oss e prima di ora non mi era mai capitato di dovere assistere persone colpite da Parkinson, Alzheimer o simili. Al corso per Oss, poi, ci hanno spiegato superficialmente come ci si comporta in certi casi e quindi mi sto documentando da sola, studiando su internet o leggendo manuali.

Ogni giorno che passa faccio sempre più fatica a farle l'igiene. Lei si sposta poco e il letto di sicuro non mi agevola nei movimenti. I famigliari non hanno molta disponibilità economica per comprare un letto con le sponde e quindi mi devo arrangiare con il letto matrimoniale sui cui riposa Elga.

Prima erano solo le gambe, soprattutto quella sinistra operata al femore, a fare fatica a muoversi, adesso anche le braccia. Da paziente semi-collaborante è diventata quasi del tutto dipendente. Uso le tecniche di mobilizzazione studiate per spostarla dal letto alla carrozzina, da un fianco all'altro oppure per tirarla su verso la testiera del letto.

La cosa fondamentale per non spezzarmi la schiena, visto che il letto è molto basso e sono da sola, è quello di avere le gambe divaricate e le ginocchia leggermente flesse, la schiena dritta e inclinata in avanti. Per il resto, cerco di incitare Elga ad aiutarmi, magari chiedendole di piegare le ginocchia e darsi una spinta verso l'alto, mentre io faccio lo stesso con un braccio sotto le sue scapole e l'altro sotto gli arti inferiori.

Ogni tanto formiamo proprio una bella squadra, mi dice sorridendo. Se tornassi indietro vorrei lavorare come Oss con te. Io ricambio il sorriso e un po' imbarazzata la ringrazio. Anche se tali momenti stanno diventando sempre più rari, a causa proprio dell'improvviso decadimento cognitivo.

Finita l'igiene, cerco di parlarle di cose che lei stessa mi ha raccontato i primi giorni. Per esempio, del suo paesino in Abruzzo dove ha vissuto sin da bambina con i genitori e i sette fratelli, prima di trasferirsi a Milano. Oppure commento i romanzi che ha letto, di cui tiene le copie in una libreria di fronte al letto. Elga amava leggere e quando lavorava nella lavanderia di sua proprietà, trascorreva la pausa divorando mele e libri.

Il dott. X diceva sempre che di mele potrei mangiarne anche una cassetta, mi ripete ogni giorno da quando ci conosciamo. Ed io, che non mi sono persa una sola parola, per la merenda mattutina gliene sbuccio sempre una.

Vorrei potere fare di più per lei, anche se so che la cosa più importante che posso fare è mettere in pratica tutto ciò che professionalmente conosco per rendere quel mondo in cui ogni tanto si smarrisce un posto migliore. In più, so di dovere continuare ad ascoltarla. Tanto, sempre

Ogni volta che lei ne ha bisogno, anche quando mi ripeterà mille volte, come già accade, la stessa identica cosa. Per il resto, sto cercando con tutte le mie forze di migliorare nella mia professione, perché come dice sempre Elga, bisogna imparare bene un mestiere e farsi valere.

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