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Igiene orale e cure odontoiatriche in gravidanza

di Redazione

Il cavo orale della donna gravida subisce delle modificazioni causate dagli elevati livelli di estrogeni. La mucosa gengivale va incontro a ispessimento, aumento della desquamazione e della vascolarizzazione ma non esistono prove evidente che la gravidanza possa contribuire allo sviluppo di carie dentali.

Cause di patologie parodontali nelle donne in gravidanza

Il periodo più sicuro per eseguire le procedure terapeutiche odontoiatriche è dalla 14ª alla 20ª settimana di gestazione

I problemi di salute orale sono comuni nelle donne in gravidanza, ma derivati da una non corretta igiene soprattutto prima della gravidanza.

Da notare comunque che esiste una maggiore esposizione alle patologie gengivali provocate dalla demineralizzazione dei tessuti dentali con erosioni dello smalto e aumento del rischio di carie, causate: dalla scialorrea con alterazioni quantitative e qualitative della saliva; dalla nausea e il vomito (iperemesi gravidica); dal reflusso gastroesofageo; dalla necessità di pasti piccoli e frequenti a causa della compressione dello stomaco da parte dell’utero.

I sintomi e i segni di patologia parodontale possono comparire inizialmente nel secondo mese di gestazione e raggiungono la massima gravità circa un mese prima del parto; dopo il parto solitamente si riducono fino alla remissione in alcune settimane. Molti recenti studi hanno evidenziato l'associazione tra infezioni orali materne e esiti avversi della gravidanza, sottolineando l'associazione tra la presenza e la gravità delle infezioni gengivali e il parto pretermine, il ritardo di crescita del feto, l'abortività spontanea e la preeclampsia.

I batteri responsabili della malattia parodontale producono una varietà di mediatori infiammatori chimici come prostaglandine, interleuchine, TNFa ed endotossine che sarebbero implicati nella patogenesi dei citati esiti avversi della gravidanza.

Trasmissione verticale da madre a feto

Uno studio del 2010 ha dimostrato la possibilità di trasmissione verticale da madre a feto dei batteri che provocano la carie dentale, come il Fusobacterium nucleatum, il quale è stato isolato nella placenta e nel feto ed è in grado di provocare un evento infiammatorio acuto da determinare la morte endouterina.

Inoltre, questi studi hanno evidenziato chiaramente che il trattamento parodontale di routine durante la gravidanza non ha effetti avversi né aumentano gli esiti negativi, mentre diminuisce la frequenza degli esiti infausti. La presenza di carie dentali attive e di flora batterica orale cariogena nella madre aumenta il rischio di insorgenza di carie dentale nel bambino. Una forma grave della carie dentale nei bambini di età inferiore a sei anni viene definita come carie a insorgenza precoce della prima infanzia.

Uno dei principali batteri cariogeni è lo Streptococcus mutans (Sm) e la sua trasmissione verticale da madre a figlio può avvenire nel 24-100% dei casi. Quanto più sono elevate le concentrazioni materne di Sm, maggiore è il rischio di trasmissione verticale e conseguente colonizzazione. Esiste una correlazione anche con il livello di igiene orale della madre, la presenza di parodontite, la frequenza dei pasti glucidici e lo status socio-economico.

Al fine di ridurre la trasmissione della carie in età perinatale, l'obiettivo primario è quello di ridurre il numero di batteri cariogeni nella bocca della gestante in modo che la colonizzazione da parte di Streptococchi mutans del neonato possa essere ritardata il più possibile.

Iperemesi gravidica

Le gravide che soffrono di nausea e vomito da iperemesi gravidica hanno un maggior rischio di insorgenza di erosioni e carie dentali. Per loro può essere utile adottare una serie di suggerimenti, quali:

  • Alimentarsi frequentemente con piccole quantità di cibo nutriente
  • Risciacquare la bocca dopo gli episodi di vomito con acqua con disciolto un cucchiaino di bicarbonato di sodio per neutralizzare l'acidità dell'ambiente orale
  • Masticare chewing-gum senza zucchero o contenente xilitolo dopo aver mangiato
  • Utilizzare spazzolini da denti delicati e dentifrici al fluoro non abrasivi per prevenire danni alle superfici dei denti demineralizzate dal contatto con il contenuto gastrico acido

Trattamenti odontoiatrici in gravidanza

L'esecuzione di cure dentali nella gestante non comporta rischi di complicanze per la gravidanza stessa, anzi posporre il trattamento di gravi infezioni orali può essere causa di diffusione sistemica di batteri patogeni o di progressione dell'infezione fino al coinvolgimento sistemico con possibile influenza fortemente negativa sul buon andamento della gravidanza.

Prima di cominciare un trattamento odontoiatrico è opportuno considerare: l'età gestazionale del feto, i comportamenti materni a rischio, le eventuali condizioni di rischio ostetrico, i cambiamenti fisiologici che si verificano durante la gravidanza.

Anche se l’esecuzione di procedure dentali durante le epoche precoci di gravidanza non comportano un’aumentata frequenza di malformazioni, il periodo più sicuro per eseguire le procedure terapeutiche odontoiatriche è dalla 14ª alla 20ª settimana di gestazione, quando:

  • Il rischio di interruzione della gravidanza è inferiore rispetto a quella del primo trimestre
  • L'organogenesi è completata
  • L'utero gravidico è al di sotto dell'ombelico e le procedure odontoiatriche possono essere eseguite con maggiore comodità sulla poltrona dentale

Nel terzo trimestre, l'utero di dimensioni aumentate può premere sulla vena cava inferiore e le vene pelviche, ostacolando il ritorno venoso al cuore (sindrome gravidica della vena cava) che si può manifestare con ipotensione, nausea o vomito.

I farmaci comunemente utilizzati in odontoiatria (gli anestetici locali, gli antibiotici, gli analgesici e gli antisettici orali), sia in gravidanza che durante all’allattamento, devono essere valutati in base alla classe e il tipo di farmaco, l'epoca di somministrazione in gravidanza, il dosaggio e la durata della terapia.

Anestetici locali

Non esistono controindicazioni all’uso di anestetici locali poiché i principi comunemente utilizzati sono sicuri in quanto non attraversano la placenta grazie al loro elevato peso molecolare.

La comparsa di eventuale tossicità può essere in relazione alla somministrazione di un sovradosaggio assoluto (eccessivo numero di tubofiale) o relativo (iniezione rapida endovenosa o in tessuto infiammato) in modo sovrapponibile agli altri pazienti.

Antibiotici

Gli antibiotici ritenuti sicuri in gravidanza sono le penicilline (l’amoxicillina non in associazione con acido clavulanico), sostituibili in presenza di allergia dai macrolidi (eritromicina). Sono invece controindicate le tetracicline (possono essere causa di malformazioni scheletriche e pigmentazioni dentali), il cloranfenicolo (di depressione midollare), il metronidazolo (di potere mutageno).

Analgesici

Il farmaco di prima scelta è il paracetamolo, che ha proprietà analgesiche-antipiretiche, non interferisce sul tempo di sanguinamento e non è teratogeno.

L’acido acetilsalicilico è controindicato in quanto ha un effetto antiaggregante piastrinico (rischio di emorragia) e riduce le contrazioni uterine (effetto prostaglandinico).

L’uso di vasocostrittori associati all’anestetico non è controindicato, ma deve essere ridotto per la presenza di alcuni effetti farmacologici indesiderati dose dipendenti potenziale causa di aborto o parto pretermine.

Protossido d’azoto

La sedoanalgesia con protossido d’azoto non è consigliata nel primo trimestre di gravidanza a causa di un possibile effetto teratogeno e fetotossico anche se dimostrato solo negli animali a seguito di somministrazione prolungata.

Antisettici

La clorexidina come principio attivo nel collutorio, non avendo dati controllati ottenuti da gravidanze umane, deve essere impiegata durante la gravidanza solo quando la necessità clinica sia stata chiaramente evidenziata dal curante.

Radiografie diagnostiche

Se utili per la diagnosi di una patologia dentale o periodontale possono essere eseguite in gravidanza. È opportuno impiegare la tecnica del cono lungo con opportuni centratori, collari protettivi per il collo (tiroide) e protezioni per l’addome.

Durante il periodo dell'allattamento al seno l’eventuale rischio per il lattante derivante dall’uso dei farmaci, dipende: dal tipo di tipo di allattamento (esclusivo, solo materno, o misto, alternato col latte vaccino); se ha meno di 2 mesi di vita quando il metabolismo è ancora immaturo; se è nato pretermine.

Contemporaneamente bisogna tener conto che l’eventuale controindicazione ad allattare al seno implica la perdita di alcuni ben documentati benefici sia per la mamma che per il suo bambino. Il rischio non è comunque elevato considerando che la quota secreta nel latte non è generalmente superiore all’1-2% del livello ematico della madre. I farmaci sono considerati: sicuri, come l’amoxicillina e il paracetamolo; da usare con cautela, come l’Ac. Acetilsalicilico, l’ibuprofene, il diclofenac, il lorazepam, la desclorfeniramina; controindicati, come le tetracicline, l’eritromicina e i sulfamidici.

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