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Violenza nei Pronto Soccorso, un fenomeno in costante aumento

di Daniela Berardinelli

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La violenza verso gli operatori sanitari è un tema estremamente caldo ed attuale. L’area sanitaria continua ad esserne colpita, nonostante i provvedimenti legislativi entrati in vigore. Un recente studio italiano realizzato nell’area metropolitana campana ha evidenziato che le aree ospedaliere più soggette a tale fenomeno sono i locali di triage, le stanze dove viene effettuata la visita medica, le sale di attesa e l’area di accettazione. La forma di violenza maggiore è quella verbale, riferita nel 48% dei casi. Nei due ospedali campani metropolitani presi in esame solo il 28% degli infermieri intervistati ha riferito di non aver subito alcuna violenza negli ultimi 12 mesi, mentre più della metà è stato testimone di forme di violenza verbale e non.

Solo il 14% degli infermieri segnala per iscritto un episodio di violenza

La violenza subìta provoca numerosi effetti collaterali nella maggior parte degli infermieri 

L’aver subito violenza scatena nella quasi totalità degli infermieri una forte percezione del pericolo e provoca molteplici effetti collaterali come ansia, rabbia, senso di ingiustizia, sfiducia nei confronti delle istituzioni aziendali e della dirigenza.

Già precedenti studi avevano evidenziato un trend in aumento degli episodi di violenza verso il personale sanitario e la letteratura internazionale dimostra che gli infermieri ritengono che una delle cause maggiori di innesco dei meccanismi di violenza sia proprio l’attesa nei dipartimenti di emergenza e urgenza. La risorsa maggiormente impiegata in questo studio, per contrastare gli episodi di violenza sul luogo di lavoro, è l’impiego di guardie giurate.

Gli infermieri hanno purtroppo “assorbito” nella loro pratica clinica quotidiana le aggressioni esterne, tant’è che la maggior parte delle segnalazioni che effettuano post episodi di violenza sono rivolte principalmente al collega o al coordinatore della struttura e sono per lo più di carattere verbale. Questo atteggiamento può essere specchio di un’errata convinzione di come questi eventi siano diventati ormai un aspetto integrante ed inevitabile del proprio lavoro.

Solo il 14% degli infermieri redige un report scritto dell’accaduto o compila un modulo di incident reporting, probabilmente perché hanno poca fiducia in questo metodo o pensano che comunque non andrebbe a modificare la realtà quotidiana che vivono.

Tutti questi aspetti negativi incidono demotivando fortemente gli infermieri a lavorare nelle strutture di Pronto soccorso, già pesantemente gravate dalla difficilissima situazione attuale provocata dalla pandemia.

Una maggiore attenzione rivolta al miglioramento del benessere organizzativo e lavorativo degli infermieri è quanto mai necessaria e agevolerebbe anche l’incremento della soddisfazione lavorativa, migliorando così gli esiti di cura dei pazienti e riducendo la volontà di abbandono della professione.

Di certo la ricerca, che non dovrà essere troppo futura, dovrà concentrarsi sull’individuazione di strategie di intervento a carattere preventivo, per ridurre il tasso di insorgenza di questi eventi e tutelare così maggiormente i professionisti sanitari. Un lavoro così carico e denso, oggi più che mai, non può e non deve permettersi anche questi attacchi.

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