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Patologia

Arterite di Takayasu, la malattia senza polso

di Valerio Casamassima

La malattia senza polso, ovvero l’arterite di Takayasu (TA), è una vasculite granulomatosa dei grossi vasi arteriosi, conosciuta anche come tromboartopatia occlusiva. Definita per la prima volta nel 1908 dall’oculista Mykoto Takayasu, che individuò specifiche alterazioni del fondo oculare tipiche di questa malattia, vide solo nel 1975 formalmente attribuita la denominazione di malattia di Takayasu. Tale malattia attualmente è conosciuta anche con il nome di malattia dell’arco aortico.

Cos’è l’arterite di Takayasu

L’arterite di Takayasu rappresenta una rara vasculite granulomatosa che interessa l’aorta e i suoi rami, in particolare le arterie delle braccia e del capo, ma anche le arterie coronarie e quelle polmonari.

L’infiammazione della parete dei vasi, nel 90% dei soggetti colpiti, provoca una riduzione del lume di grado variabile (stenosi), fino alla progressiva occlusione con conseguente riduzione del flusso ematico. Tale fenomeno, a livello delle braccia, porta alla progressiva perdita del polso periferico, da qui la sua definizione di “malattia senza polso”.

Nel 25% dei malati si verifica un indebolimento con una dilatazione (aneurisma) della parete di un’arteria; in altri, la dilatazione della aorta provoca alterazioni con conseguenti difetti della valvola aortica, che se gravi possono richiederne la sostituzione.

Cause di arterite di Takayasu

La causa dell’arterite di Takayasu al momento resta sconosciuta, come anche il motivo per il quale, in un dato momento, un soggetto sano sviluppi la malattia; diverse ipotesi affermano che ci siano dei fattori ambientali associati ad una predisposizione genetica.

Ipotesi comune ma non dimostrata è che tale arterite sia scatenata da un’infezione. Di recente è stato scoperto che sono riscontrabili nei soggetti colpiti anticorpi anti-endotelio, quindi si prospetta una genesi autoimmune, anche se non si è ancora compreso il perché alcuni vasi siano maggiormente interessati.

Attualmente, non essendo stata dimostrata alcuna anomalia genetica nei pazienti colpiti, la TA è nomenclata tra le malattie rare; colpisce tra i 5 e i 40 anni di età, con una prevalenza del 90% nel sesso femminile. Si verifica maggiormente nella razza orientale, specie nell’estremo Oriente con una maggiore diffusione in Giappone e nel sub-continente asiatico.

Quadro clinico e decorso

L’esordio della malattia è caratterizzato da febbre, sudorazione notturna, malessere, nausea e vomito, perdita di peso, artralgie, rash, fenomeno di Raynaud, splenomegalia, carotidodinia; contestualmente si può riscontrare l’impossibilità di percepire il polso radiale.

Il laboratorio permette di evidenziare un sostanziale aumento della VES e della PCR, anemia, disprotidemia, livelli elevati di C3a e C5a che indicano l’attivazione del complemento; in sostanza si ha un incremento degli indici di flogosi, ma non esiste ad oggi un test laboratoristico-diagnostico specifico.

La sintomatologia nella fase conclamata è assai variabile e dipende spesso dal segmento arterioso che viene interessato dalla malattia. Nel caso di interessamento dell’arco aortico viene indicata una triade sintomatologica tipica:

  1. Assenza di polso percepibile negli arti inferiori o nel collo
  2. Comparsa di sincopi dopo bruschi movimenti del capo o senocompressione
  3. Comparsa di tipiche manifestazioni oculistiche come cataratta e deficit visivi da lesioni vascolari retiniche

In caso di interessamento delle arterie coronariche si può riscontrare angina e/o IMA. L’interessamento dell’arteria renale può provocare ipertensione nefro-vascolare, mentre l’interessamento del circolo polmonare può portare ad ipertensione polmonare.

Diagnosi di arterite di Takayasu

La diagnosi è sia clinica che strumentale. L’arteriografia, in passato, deteneva un ruolo primario nell’evidenziare aneurismi sacciformi, stenosi ed occlusioni arteriose, ma attualmente hanno assunto maggior significato ecografia ed eco-color doppler, angio-TC ed angio-RM, che consentono di studiare e valutare sia le pareti arteriose che la presenza di eventuali stenosi o occlusioni.

Terapia e trattamento

I corticosteroidi, al momento, rappresentano la sola strategia terapeutica in grado di limitare l’attività infiammatoria e di ritardare la progressione della malattia. Nei casi resistenti è possibile associare farmaci immunosoppressori (ciclofosfamide o metotrexate).

I pazienti che presentano alto rischio di lesioni d’organo, durante le fasi di remissione possono essere anche sottoposti a interventi di rivascolarizzazione chirurgica (by-pass) o mediante angioplastica intraluminale percutanea (PTA). La malattia generalmente ha un andamento progressivo, ma varabile; infatti, sono possibili remissioni spontanee.

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